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NEWS 31 ottobre 2013

I poteri dell’amministratore e quelli dell’assemblea rispetto alle controversie riguardanti beni comuni
31/10/2013 di Alessandro Gallucci

 
Esiste un modo certo per comprendere quali controversie debbano essere considerate di carattere condominiale, quelle rispetto alle quali hanno competenza decisionale l’amministratore e/o l’assemblea, e quali quelle che, pur riguardando le parti comuni, possono coinvolgere solamente i condomini?

La Cassazione prova a mettere ordine in materia. Nessuna novità di rilievo, nessun contrasto rispetto ai principi più volte espressi ma la sentenza n. 21826 del 24 settembre 2013 è utile in quanto “fa il punto” della situazione.

Poteri dell’amministratore

Che cosa può fare l’amministratore?

“ All'amministratore del condominio compete l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea, nonché, in genere, tutta l'attività di ordinaria amministrazione giusta l'elenco analitico di attribuzioni previsto dall'art. 1130 c.c.. Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, egli ha la "rappresentanza" dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri (art. 1131, commi 1 e 2)” (Cass. 24 settembre 2013 n. 21826)..

Un condomino non rispetta il regolamento? L’amministratore può fargli causa (previo esperimento del tentativo di conciliazione).

Un condomino non paga le quote di spesa? L’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.

Un condomino si appropria di una parte comune? L’amministratore può agire per chiedere la cessazione dell’abuso ma attenzione non può domandare l’accertamento della proprietà condominiale di quel bene perché le questioni riguardanti la titolarità del diritto di proprietà non sono comprese tra quelle concernenti la gestione del condominio.

In questo contesto, prosegue la Cassazione, “ il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un intervento dell'amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purchè colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata, l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Ovviamente, come è desumibile, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai compiti ed ai poteri, stabiliti dall'art. 1130 c.c.. Ove si tratti invece di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, tale legittimazione può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione dell'equivalente ipotesi di una unanime, positiva deliberazione di tutti i condomini (cfr. Cass. 3 marzo 1984 n. 4623; Cass. 29 febbraio 1988 n. 2129; Cass. 11 marzo 1988 n. 2401)” (Cass. 24 settembre 2013 n. 21826).

Lo stesso dicasi per l’assemblea. I condomini riuniti possono deliberare di promuovere un’azione di garanzia contro l’appaltatore per i difetti delle opere eseguite sulle parti comuni, ma non possono, ad esempio, deliberare di agire per chiedere l’usucapione a favore della collettività di una parte dell’edificio.

“ L'assemblea, infatti (come affermato da Cass. 29 agosto 1997 n. 8246), può deliberare, con le prescritte maggioranze, solo sulle questioni che riguardano parti comuni dell'edificio o il Condominio nel suo complesso, oppure sulle liti attive e passive che, esorbitando dalle attribuzioni istituzionali dell'amministratore, riguardino pur sempre la tutela dei diritti dei condomini su tali parti, ma non anche sulle questioni concernenti l'esistenza, il contenuto o l'estensione dei diritti spettanti ai condomini in virtù dei rispettivi acquisti, diritti che restano nell'esclusiva disponibilità dei titolari (v. Cass. 8 agosto 1979 n. 4637). In questa seconda ipotesi non possono non rientrare, ad avviso del Collegio, i casi delle azioni reali (di accertamento o costitutive) dirette ad individuare ed/od ad estendere la sfera del dominio acquisito pro quota da ciascun condomino con gli atti d'acquisto delle singole unità immobiliari condominiali, ossia all'atto dell'ingresso nel Condominio. Anche in questi casi, invero, l'azione giudiziale esula dall'ambito della mera tutela di una già acquisita proprietà comune, per incidere nella sfera dei diritti e degli interessi individuali: ogni (acquisto od) estensione della proprietà comune, se da un lato comporta un proporzionale accrescimento dell'oggetto del diritto di comproprietà di ciascun condomino, implica, dall'altro, la corrispondente, proporzionale assunzione degli obblighi e degli oneri tutti correlati all'acquisto (concorso alle spese di acquisizione del bene, di conservazione dello stesso, ecc). E tanto basta ad escludere che la proposizione di un'azione volta - come la domanda di accertamento dell'avvenuto acquisto per usucapione di un immobile da parte di un condominio - a conseguire una simile estensione, possa considerarsi rientrante nei poteri deliberativi dell'assemblea condominiale e che la rappresentanza processuale del Condominio possa essere, nella stessa ipotesi, affidata all'amministratore” (Cass. 24 settembre 2013 n. 21826).

Insomma i confini della competenza, almeno teoricamente, paiono chiari: azioni riguardanti gestione e tutela delle parti comuni sono esercitabili da amministratore ed assemblea. Le azioni, così dette reali, insomma quelle che riguardano esistenza ed estensione dei diritti, no

[cit. art. Condominio Web]

http://www.condominioweb.com/condominio/articolo1800.ashx

 

News 24 ottobre 2013

“Fuga con la cassa” dell’amministratore di condominio. Come vengono ripartite le spese?
24/10/2013 Avv. Giuseppe Donato Nuzzo

 
La scelta di un buon amministratore. Prima di esaminare le conseguenze ed individuare i possibili rimedi, occorre verificare quali sono gli strumenti per poter almeno limitare la probabilità di ritrovarsi con la cassa condominiale vuota. A tale scopo vengono oggi in aiuto le nuove disposizioni introdotte dalla legge di riforma (L.220/2012). Saltata l’ipotesi dell’albo professionale, il legislatore ha tuttavia individuato precisi requisiti necessari per poter essere nominato amministratore, a garanzia della professionalità di chi va a svolgere questo importante incarico.

Innanzitutto, è necessario il godimento dei diritti civili e politici e la fedina penale pulita. È altresì necessario che l’aspirante amministratore non sia stato dichiarato fallito, interdetto o inabile, sottoposto a procedure di prevenzione o protestato. Dal punto di vista della preparazione professionale l’amministratore dovrà aver conseguito un diploma di scuola secondaria e aver frequentato un corso iniziale di formazione, con l’obbligo di partecipazione a corsi di formazione periodica.

I nuovi compiti dell’amministratore. Il rendiconto condominiale. La legge di riforma ha riscritto l’art. 1130 c.c., ampliando notevolmente le attribuzioni e le responsabilità dell’amministratore e recependo buon parte delle regole di “diritto vivente” elaborate dalla giurisprudenza.

Con particolare riferimento alla materia in esame, spicca l’introduzione di un articolo ad hoc che regolamenta lo strumento fondamentale per la gestione finanziaria del condominio. Si tratta del rendiconto condominiale, disciplinato dal nuovo art. 1130-bis c.c., documento contenente le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve.

Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario e di una nota sintetica esplicativa della gestione, con l'indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.

L’amministratore è tenuto a convocare annualmente l’assemblea per l’approvazione del rendiconto. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Viene così normatizzato il potere di “controllo diffuso” dei documenti contabili da parte dei condomini, strumento fondamentale per contrastare eventuali fenomeni di illegalità nella gestione condominiale. È prevista altresì la possibilità dell’assemblea di nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio, nonché un consiglio di condominio, con funzioni consultive e di controllo.

Apertura di un conto corrente condominiale. Entrando nello specifico del tema oggetto di queste brevi note, il nuovo art. 1129 c.c. prevede, tra l’altro, l’obbligo dell’amministratore di aprire uno specifico conto corrente intestato al condominio, su cui far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio. La mancata apertura e utilizzazione del conto configura una grave irregolarità che giustifica la revoca dell’incarico. Ciascun condomino può prendere visione ed estrarre copia della rendicontazione periodica.

Si tratta di una buon regola, già affermata in giurisprudenza (Cfr. Cass. civ. 7.12.1999, n. 13660; Trib. Torino 3.5.2000; Trib. Milano 9.9.1991), che garantisce maggiore trasparenza nella gestione della cassa comune, evitando confusione tra patrimonio personale dell’amministratore e quello dei diversi condomini da lui amministrati, nonché tra quest’ultimi. La gestione separata delle risorse finanziarie del condominio consente anche di evitare tutte le conseguenze dannose di un’eventuale procedura esecutiva o fallimentare nei confronti dell’amministratore in quanto, evitando la confusione dei patrimoni, esclude la possibilità che i creditori possano rivalersi legittimamente sui beni del condominio.

Ripristinare la cassa: criteri di ripartizione delle spese. Fatte salve le possibili azioni penali e civili, quando l’amministratore “scappa con la cassa” i condomini di trovano di fronte alla necessità di coprire l’ammanco, se del caso costituendo un fondo speciale per provvedere al pagamento dei creditori del condominio. I debiti ereditati dalla cattiva gestione dell’amministratore, infatti, gravano su tutti coloro che rivestono la qualità di condomini al momento in cui viene scoperta l’irregolarità contabile, benché questi abbiano già provveduto a pagare le proprie quote.

In che misura i condomini sono chiamati a partecipare alla creazione del fondo speciale?

Non è semplice rispondere. I contributi in denaro, una volta versati, confluiscono nella cassa (o sul conto corrente) condominiale, perdendo qualunque connotato e/o imputazione.

Sembra preferibile la tesi secondo la quale l’ammanco dev’essere reintegrato dai condomini proporzionalmente alle somme totali pagate o da pagarsi da ciascuno di essi in base al riparto del consultivo (se ci si riferisce ad una gestione passata) o del preventivo (se ci si riferisce alla gestione in corso). Facciamo l’esempio di un condominio con tre partecipanti e un ammanco di 1.000 euro. Dal relativo riparto del conto consultivo risulta un addebito di 3.000 euro a carico del condomino A e di 1.500 euro ciascuno ai condomini B e C. In questo caso l’ammanco andrà così ripartito: 500 euro al condomino A e 250 euro ai condomini B e C. In questo modo la situazione economica verrebbe ripristinata in maniera più equa, ripartendo lo sforzo economico tra i condomini nella stessa misura con cui quella stessa situazione economica era stata creata.

 

[art. da Condominio Web]
http://www.condominioweb.com/condominio/articolo1788.ashx